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Come vanno i libri? È tutto stabile, anche il fatto che si legge poco PDF Stampa E-mail
lunedì 27 giugno 2022
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Rispetto allo scorso anno c’è una flessione delle vendite, ma rispetto al periodo pre pandemia il settore continua a crescere. Sale la narrativa straniera e c’è un boom del fumetto. La vera domanda è: perché si leggono pochi libri?

L’Associazione Italiana Editori, AIE, nei giorni scorsi ha diffuso i nuovi dati sull’andamento del mercato del libro nei primi 5 mesi del 2022. Sono dati relativi alla cosiddetta editoria di varia (cioè non scolastici) e attestano un calo nelle vendite rispetto allo scorso anno: da gennaio a maggio 2022 per comprare libri sono stati spesi 565,6 milioni di euro, 27 milioni in meno rispetto ai primi 5 mesi del 2021: una diminuzione del 4,5 per cento. Per numero di copie, cioè di singoli libri, il calo è stato di 1,4 milioni, pari al 3,6 per cento.

Vendite del libro: sono in calo, ma i dati vanno letti insieme ad altri fattori

Tuttavia questi numeri vanno interpretati, come specifica la stessa AIE, tenendo conto del fatto negli ultimi 2 anni il contesto era quello straordinario della pandemia (nel quale le vendite dei libri hanno avuto una crescita che non si verificava da anni), e che ci sono alcuni elementi di scenario nuovi, in corso, quali il calo  – di 14 punti da gennaio – della fiducia dei consumatori (con conseguente riduzione della propensione al consumo), e specifici fattori di crisi che incidono sul settore, uno su tutti  la grave crisi della carta, che per vari motivi (crisi dei traporti, aumento dei costi di produzione) ha portato a un aumento del prezzo della stessa di più del 50 per cento.

Nonostante questo, gli editori non hanno applicato aumenti del prezzo di copertina dei libri (ma non sappiamo per quanto riusciranno a non farlo, specifica Levi il presidente dell’AIE).

Se confrontiamo quindi i dati di questi primi 5 mesi del 2022 non con il periodo pandemico, ma con il periodo pre pandemia, le vendite sono cresciute del 15,3% a valore e del 15,8% a numero di copie. Un dato positivo insomma.

Per completare il quadro del settore vediamo ancora alcune specifiche: sono cresciute le vendite di narrativa straniera (di circa 4 punti percentuali) e quelle del fumetto (più di 6 punti percentuali, e proprio quest’ultimo è considerato un ambito assai promettente, infatti Mondadori ha deciso di acquistare. il 51% di Star Comics, la casa editrice top per i manga).

Ma anche su questo, se si confrontano i dati con il periodo pre pandemia in realtà tutti i settori crescono, e i fumetti sì, è confermato: stanno vivendo un boom.

Insomma, come scrive Maria Teresa Carbone sul il Manifesto, dipende se chi legge questi dati è un pessimista o un ottimista.

Va letto il trend non il singolo dato del mercato del libro: c’è stabilità, dice l’AIE

L’AIE vede fondamentalmente un mercato stabile, o in lieve flessione, perché quello che rimane ben saldo è il dilemma che tormenta il settore: in Italia si legge poco. Si leggono pochi libri e si pubblicano tantissimi libri.

Sintetizza i dati Istat così il post.it: in Italia, legge almeno un libro all’anno, non per motivi di studio o lavoro, il 41 per cento delle persone con più di 6 anni, ma poco meno della metà di loro legge al massimo tre libri all’anno. Queste statistiche sono state perlopiù costanti nell’ultima ventina d’anni. I cosiddetti “lettori forti”, cioè le persone che leggono almeno 12 libri in un anno, sono il 15 per cento delle persone con più di 6 anni: secondo l’AIE questa minoranza acquista il 40 per cento dei libri venduti.

Ma perché in Italia si legge poco?

Una delle domande centrali (ma forse più che “una” questa è “la” domanda) quindi è sempre: perché in Italia si legge poco? Chi cerca di rispondere, sostiene che questo sia dovuto a fattori quali: mancanza di tempo, invecchiamento della popolazione, bassa percentuali di scolarizzazione.

In tutto questo comunque i giovani rimangono la fascia di popolazione che legge di più (ha letto almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali il 58,6% dei ragazzi tra gli 11 e i 14 anni) e i social vedono crescere il loro ruolo come influenzatori delle scelte, infatti è il 59 per cento dei lettori che dichiara di comprare un libro dopo aver letto una recensione sui social.

In più, un altro dato interessante è la crescita del consumo di audio libri e anche il ritorno in libreria, a discapito degli acquisti on line.

Quantità e qualità: il solito un rompicapo

Un po’ come è successo per la crisi del giornalismo, legato al crollo delle vendite delle copie cartacee, al crollo, dopo i primi tempi di boom, anche della pubblicità on line, si cercano soluzioni.  Il giornalismo, soprattutto nei paesi anglosassoni, ha puntato sull’aumento della qualità invece che sul taglio e il risparmio, puntando magari a produrre meno contenuti ma sempre di gran valore, su notizie aggiornate e verificate, insomma sulla costruzione di un rapporto di fiducia profondo con i lettori, e questo ha ripagato in molti casi con l’aumento degli abbonamenti, che ha tra l’altro consentito di non puntare più così tanto sulla pubblicità on line, invasiva e spesso non gradita.

Come fare per i libri? Prospettive? Soluzioni? Il dibattito tra editori, esperti e critici si arrovella, non senza preoccupazione, e pure disperazione, e a volte rabbia, intorno al fatto che quelli che si vendono poco sono i libri di qualità (in Italia meglio di tutti se la passano i gialli), quelli per i quali gli editori fanno quel prezioso faticoso costoso e attento lavoro di scouting, editing e/o traduzione promozione. Quelli che dentro non contengono solo formule narrative di intrattenimento e distrazione dai tanti doveri e problemi che ci affliggono ogni giorno ma piuttosto tentativi di racconto e comprensione del nostro mondo, quello esterno e interiore, mai compreso abbastanza, mai messo a fuoco del tutto, attraverso la costruzione di un racconto, di una rappresentazione che risponda a dei canoni artistici, letterari e narrativi in questo caso.

La divisione che crea il dilemma:

“non si vendono libri buoni, si vendono libri banali”,

quindi, forse, la possiamo riassumere nella divisione:

“mi distraggo dalla vita o mi concentro sulla vita”.

Questo non riguarda solo il libro ovviamente, ma potenzialmente la modalità con la quale ci si approccia e si trova la motivazione verso tutte le attività umane (dal lavoro allo sport alle altre forme di arte o intrattenimento quali il cinema).

C’è una soluzione? Ma cosa possono fare gli operatori, tra editori, critici, giornalisti, promotori, librai per aumentare la diffusione della lettura di qualità?

Forse si potrebbe aprire un tavolo di lavoro su questo, a fianco dei tavoli sull’economia del settore e proposte di relative, giuste, urgenti, leggi.

 

 

 

Fonte HelpConsumatori

 

 

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