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Protezione dati personali e sicurezza stradale, pronuncia della Corte Ue PDF Stampa E-mail
mercoledì 23 giugno 2021
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Secondo la Corte di giustizia Ue non si possono rendere pubblici i dati personali sui punti di penalità inflitti a un automobilista che abbia fatto delle infrazioni stradali. Sono dati sensibili che rientrano nell’applicazione del Regolamento europeo sulla protezione dei dati

Non si possono rendere pubblici i dati personali sui punti di penalità inflitti a un automobilista che abbia commesso delle infrazioni stradali. Si tratta infatti di dati personali particolarmente sensibili, che rientrano nell’applicazione del diritto europeo sulla protezione dei dati personali. Renderli pubblici, fra l’altro, non garantisce che venga davvero migliorata la sicurezza stradale.

La Corte di giustizia dell’Ue si è pronunciata sulla protezione dei dati personali e sulla “pubblicità” data alle penalità per infrazioni stradali, interpretando così il diritto europeo sulla base di un caso su ricorso costituzionale della Lettonia.

Il diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati, dice la Corte di giustizia, osta alla normativa lettone che obbliga l’autorità per la sicurezza stradale a rendere accessibili al pubblico i dati relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti per infrazioni stradali. Non è dimostrato che questo sia necessario per arrivare all’obiettivo, che è quello di migliorare la sicurezza stradale.

Protezione dati e sicurezza stradale, il caso

Il caso scaturisce da un ricorso costituzionale della giustizia lettone. A un cittadino erano stati inflitti dei punti di penalità per infrazioni stradali.

La Direzione per la sicurezza stradale della Lettonia ha iscritto questi punti di penalità nel registro nazionale dei veicoli e dei conducenti. Per le norme locali, le informazioni sui punti di penalità inflitti ai conducenti sono accessibili al pubblico e sono comunicate a chiunque ne faccia domanda, compreso operatori economici a fini di riutilizzo. senza che il richiedente debba dimostrare un interesse specifico ad ottenere tali informazioni.

Ne è scaturito un ricorso costituzionale. E alla fine ci si è rivolti alla Corte di giustizia Ue con la richiesta di chiarire la portata del regolamento generale sulla protezione dati (RGPD, regolamento 2016/679) per accertare se la normativa lettone sia compatibile con il  Regolamento.

Con la sua sentenza, pronunciata dalla Grande Sezione, la Corte stabilisce che «il RGPD osta alla normativa lettone».

E spiega che «la necessità, segnatamente alla luce dell’obiettivo del miglioramento della sicurezza stradale addotto dal governo lettone, di comunicare dati personali relativi ai punti di penalità inflitti per infrazioni stradali, non è dimostrata». Secondo la Corte Ue una normativa del genere non è giustificata né dal diritto del pubblico ad accedere a documenti ufficiali, né dal diritto alla libertà di informazione.

Protezione dati, il giudizio della Corte Ue

Prima di tutto, la Corte giudica che il trattamento dei dati personali relativi ai punti di penalità costituisce un «trattamento dei dati personali relativi alle condanne penali e ai reati», per il quale il Regolamento sulla protezione dei dati personali prevede una protezione maggiore in virtù del carattere particolarmente sensibile dei dati in causa.

La Corte spiega che le informazioni sui punti di penalità sono dati personali e che la trasmissione a terzi rappresenta dunque un trattamento dati che rientra nell’ambito di applicazione del RGPD. Non rientra fra le eccezioni che richiamano il trattamento dati per salvaguardare la sicurezza nazionale, perché le attività della sicurezza stradale non hanno questo obiettivo.

 

Non sono attività con lo scopo di salvaguardare la sicurezza nazionale.

Per la Corte, le infrazioni stradali rientrano nella nozione di reato.

In secondo luogo, la Corte stabilisce che il Regolamento osta alla normativa lettone che obbliga la Direzione per la sicurezza stradale a rendere accessibili al pubblico i dati sui punti di penalità inflitti ai conducenti per infrazioni stradali, «senza che la persona che richiede l’accesso sia tenuta a dimostrare un interesse specifico ad ottenerli».

In questo contesto è vero che il miglioramento della sicurezza stradale è un obiettivo di interesse generale e che gli Stati possono qualificare la sicurezza stradale come «compito di interesse pubblico», ma «la necessità del regime lettone di comunicazione dei dati personali relativi ai punti di penalità per garantire il conseguimento dell’obiettivo considerato non è dimostrata».

Esistono mezzi che pregiudicano di meno i diritti fondamentali.

Dati personali sensibili

Inoltre, continua la Corte, «occorre tener conto della sensibilità dei dati relativi ai punti di penalità e della circostanza che la loro comunicazione al pubblico può costituire una grave ingerenza nei diritti al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali poiché essa può suscitare la disapprovazione sociale e comportare la stigmatizzazione della persona interessata».

«Inoltre, la Corte considera che, tenuto conto della sensibilità di tali dati e della gravità di detta ingerenza in questi due diritti fondamentali, tali diritti prevalgono sia sull’interesse del pubblico ad avere accesso a documenti ufficiali, come il registro nazionale dei veicoli e dei conducenti, che sul diritto alla libertà d’informazione».

Per gli stessi motivi, il Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali osta alla normativa lettone nella parte in cui essa autorizza la Direzione per la sicurezza stradale comunicare i dati relativi ai punti di penalità inflitti ai conducenti di veicoli per infrazioni stradali a operatori economici affinché questi ultimi possano riutilizzarli e comunicarli al pubblico.

 

 

Fonte HelpConsumatori

 

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