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Istat: la Caporetto delle vendite al dettaglio. Crollano gli alimentari PDF Stampa E-mail
mercoledì 27 giugno 2012

venditealim2606.jpgÈ una Caporetto per le vendite al dettaglio. Crollano le vendite di prodotti alimentari, che segnano la caduta più forte da undici anni a questa parte.

In flessione ci sono però tutte le vendite: ad aprile 2012, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, l’indice grezzo del totale delle vendite segna una caduta del 6,8%. Le vendite di prodotti alimentari diminuiscono del 6,1%, quelle di prodotti non alimentari del 7,1%. La flessione riguarda sia la grande distribuzione, sia i piccoli negozi. I dati sul commercio vengono oggi dall’Istat che fotografa il dato peggiore dal 2001. Calano anche le vendite di prodotti farmaceutici, abbigliamento, calzature, libri e riviste. Preoccupati Consumatori ed esercenti.

Ad aprile 2012, rileva l’Istat, l’indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio (valore corrente che incorpora la dinamica sia delle quantità sia dei prezzi) ha segnato una diminuzione congiunturale dell’1,6%. Nel confronto con marzo, le vendite diminuiscono dell’1,5% sia per i prodotti alimentari sia per quelli non alimentari.

Impietoso il confronto annuale: rispetto ad aprile 2011 l’indice grezzo del totale delle vendite di prodotti alimentari segna un crollo del 6,1%, quelle di prodotti non alimentari diminuiscono del 7,1%. Se si guarda alla forma distributiva, emerge che la flessione interessa sia la grande distribuzione, a meno 4,3%, sia le imprese che operano su piccole superfici – più marcata, a meno 8,6%.

Nella grande distribuzione tutte le vendite sono in calo: lo sono i prodotti alimentari, che segnano una diminuzione annuale del 4,5%, e quelli non alimentari, in calo del 4%. Flessione più marcata nelle imprese operanti su piccole superfici, dove le vendite diminuiscono sia per i prodotti alimentari (meno 8,7%), sia per quelli non alimentari (meno 8,6%). Ancora: in tutte le tipologie degli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, si registrano flessioni: la più marcata nei supermercati (meno 5,3%) e la più contenuta nei discount (meno 3,0%).

Non crollano solo le vendite degli alimentari e del comparto food. Tutti i prodotti, nell’andamento annuale, vedono una flessione: la più marcata è per i prodotti farmaceutici, le cui vendite diminuiscono del 9,2%, seguiti da abbigliamento e pellicceria (a meno 8,9%), da calzature, articoli in cuoio e da viaggio (meno 8,6%). Da segnalare anche il calo del 7,2% di cartoleria, libri, giornali e riviste, quello del 5% per prodotti di profumeria e cura della persona e addirittura la flessione del 4% nelle vendite di dotazioni per informatica, telecomunicazioni e telefonia. Nell’elenco di segni meno, il calo tendenziale di minore entità riguarda supporti magnetici e strumenti musicali, a meno 3,6%.

Sono dati preoccupanti, considerati come “l’ennesima testimonianza della gravissima situazione che il Paese sta attraversando”, commentano Federconsumatori e Adusbef, che ricordano il quadro nero in cui si barcamenano le famiglie – taglio dei consumi nel settore alimentare stimato nel 2,5%, taglio dei consumi turistici e rinuncia a cure mediche – e una diminuita capacità del potere di acquisto che porta ad attuare una “spending review” pari a un taglio delle spese di 957 euro annui a famiglia. “Non vogliamo più sentire parlare di aumenti dell’IVA o di qualsiasi altro tipo di tassazione. È giunto il momento di pensare unicamente alla crescita e allo sviluppo”, hanno detto Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti Federconsumatori e Adusbef.

La crisi economica ha tagliato la spesa di sei italiani su dieci (61%) che hanno modificato al risparmio i propri comportamenti di acquisto confrontando con più attenzione i prezzi nel momento di riempire il carrello ma anche comprando meno frutta, vino e carne. Un’analisi Coldiretti/Swg evidenzia, a commento dei dati Istat, che il 59% degli italiani va alla ricerca delle offerte 3×2 in misura maggiore rispetto al passato per effetto della crisi, ma nel 57% dei casi si è anche ridotto lo spreco di cibo e nel 31% si sono ridotte le dosi acquistate. Crescono, evidenzia Coldiretti, i modelli di spesa alternativa, quali vendite porta a porta, gruppi di acquisto solidale e spesa a chilometro zero.

“E’ da tempo che lanciamo l’allarme sullo stallo dei consumi alimentari. La crisi e le manovre dei conti pubblici hanno falciato il potere d’acquisto degli italiani, costringendoli a un taglio netto della spesa, anche quella per beni di prima necessità come cibo e bevande – afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori – Secondo i nostri dati quasi la metà delle famiglie “taglia” sulla tavola, riducendo soprattutto gli acquisti ortofrutticoli (il 41,4%), quelli di carne rossa (il 38,5%) e quelli di pane (il 37%). Inoltre, il 65% delle famiglie compara i prezzi con più attenzione rispetto a due anni fa; il 53% cerca sconti, promozioni commerciali e offerte speciali e il 42% privilegia le grandi confezioni, il cosiddetto “formato convenienza”.

Confesercenti chiede un pacchetto di interventi urgenti che evitino, fra le altre cose, l’aumento dell’Iva. “Per evitare che questo “periodo nero” dei consumi si tramuti in una notte fonda, è necessario un pacchetto di interventi urgenti e strutturali per ridare fiato ai redditi delle famiglie ed alle imprese – afferma Confcommercio – Tagliare con coraggio la spesa pubblica e liberare risorse per investimenti e consumi resta la via maestra. Nel frattempo, si evitino errori peggiori: non sembra affatto scongiurata l’eventualità di aumenti delle aliquote Iva previsti a ottobre e gennaio prossimo. Che causerebbero un maggior carico fiscale per ciascuna delle 24 milioni di famiglie italiane di oltre 420 euro annui”.

La crisi dei consumi è tale da mettere a rischio le fondamenta del sistema produttivo. È quanto sottolinea Antonio Lirosi, Responsabile Consumatori e commercio del PD, per il quale “si stanno miscelando fattori congiunturali legati alla diminuzione del reddito delle famiglie con cambiamenti strutturali nelle abitudini d’acquisto dei consumatori. Quando si arriva a registrare un calo così rilevante delle vendite dei prodotti alimentari – che si aggiunge ad un biennio di costante diminuzione delle vendite dei prodotti non alimentari - e una flessione anche delle vendite della grande distribuzione, vuol dire che la crisi dei consumi è tale da mettere a rischio, non solo la chiusura di migliaia di esercizi commerciali, bensì le fondamenta del nostro sistema produttivo. Serve una scossa per invertire questa situazione depressiva, in cui prevale un clima di totale sfiducia e paura per il futuro. Dal vertice europeo, oltre ad un rafforzamento delle politiche e degli strumenti comunitari, si attendono – conclude Lirosi – decisioni concrete per stimolare la crescita, a partire dalla domanda interna”.

“I dati dell’Istat di oggi – dichiara il segretario generale Adiconsum Pietro Giordano – non fanno altro che sottolineare quanto da tempo Adiconsum afferma: non è più tempo di buone intenzioni e ipotesi sulla crescita, ma sono necessarie vere misure per lo sviluppo attraverso l’utilizzo di tutte le leve economiche per rilanciare la competitività, il lavoro e il potere d’acquisto degli italiani”. A questo va aggiunto il rincaro dei prodotti ittici, dell’ortofrutta e delle carni, stimato dall’Osservatorio prezzi alimentari dell’associazione nel 4,64% negli ultimi sei mesi. “Sono aumenti importanti quelli rilevati dall’Osservatorio Adiconsum – prosegue Giordano – perché si tratta di aumenti che riguardano beni di prima necessità che le famiglie hanno difficoltà a tagliare. Ed è per questo che Adiconsum chiede ai Ministeri competenti di istituire un Osservatorio permanente dei prezzi alimentari a livello interministeriale coinvolgendo le associazioni dei consumatori per monitorare la formazione dei prezzi, lungo tutta la filiera, sui beni di prima necessità”.

 

 

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