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Congresso UILA - Trasparenza e tracciabilita' nel settore alimentare: imperativo futuro. Intervento PDF Stampa E-mail
lunedì 25 gennaio 2010
verdura6.jpegLe famose mille lire contro un euro, purtroppo, fanno ormai parte della nostra storia, come ne fa parte la anacronistica rilevazione dell’Istat, che nei primi mesi del 2002 ha ostinatamente continuato a dire che l’inflazione era attorno al 2 per cento mentre la gente si vedeva tagliare i redditi del 35 – 40 per cento! E quella è stata una gravissima responsabilità. C’è una disputa preistorica su chi ha maggiori responsabilità nella lievitazione dei prezzi al consumo dei prodotti alimentari. Freschi, confezionati, lavorati e trasformati.
Comunque i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati sui banchi del mercato, dei supermercati, dei negozi sotto casa. Su questo non ci piove!

 

1) L’importanza del settore agricolo e alimentare

Ti ringrazio, Tiziana … e ringrazio Stefano per l’invito … e saluto tutti voi che mi fa davvero molto piacere ritrovare dopo tanti anni.

Be, dopo gli autorevoli e stimolanti interventi che abbiamo appena sentito, devo fare la mia parte, e non posso quindi non affrontare prima di tutto il problema dei prezzi, e delle difficoltà a corrervi dietro che fanno le famiglie italiane dal 2002 a oggi.
Non è una nostra invenzione!
Nel 2002 la speculazione c’è stata! Ed è stata particolarmente violenta nel settore dell’abbigliamento, della ristorazione e dell’alimentazione.
Le famose mille lire contro un euro, purtroppo, fanno ormai parte della nostra storia, come ne fa parte la anacronistica rilevazione dell’Istat, che nei primi mesi del 2002 ha ostinatamente continuato a dire che l’inflazione era attorno al 2 per cento mentre la gente si vedeva tagliare i redditi del 35 – 40 per cento!
E quella è stata una gravissima responsabilità.
Comunque è storia passata, e non voglio perderci altre parole sopra. Ne abbiamo dette già tante nel passato.
Però volevo ricordare questo peccato originale della nostra economia.
Oggi certamente, i consumi risentono di questi precedenti, che hanno determinato una spirale nella quale gli stessi soggetti, che allora specularono, oggi si trovano ad annaspare e, in non rari casi, perfino a dover chiudere bottega.
In questa fase, però, è interesse di tutti cercare di trovare una via di uscita.
… Per salvare la nostra economia /… / quella della produzione, della trasformazione e della distribuzione.
… Per ricostruire un potere di acquisto dei redditi familiari che permetta la ripresa dei consumi e l’accumulo dei risparmi.
…. Per garantire una rete distributiva di vendita che non sia patrimonio esclusivo della grande distribuzione.
Bene, noi ci siamo! L’Adoc è pronta a dialogare e a rimboccarsi le maniche per fare la parte necessaria a recuperare il tempo perduto.
E nel dire questo siamo anche disposti ad accantonare, dico ad accantonare /… / non a dimenticare, le responsabilità di chi ci ha cacciato in questo vicolo oscuro.
Però per dialogare sono necessarie la voglia e la disponibilità di tutti. In primo luogo del Governo, che deve svolgere il suo ruolo nel creare le condizioni favorevoli al dialogo, e nel definire una strategia fiscale in sintonia con questa volontà.
Ho accennato all’aumento di prezzi e tariffe che ci hanno salassato in questi anni.
E, in un cahier de doléances, certamente ai primi posti sono scritti i costi delle abitazioni (mutui o affitti che siano, anche se i mutui vengono considerati assai poco nel cestino bucato dell’Istat); /… /dell’energia, con la benzina e il gas che seguono le famigerate due velocità; /… /dei trasporti; /… /della sanità; /… / dell’abbigliamento e calzature. Però, sopra tutti,  quello che più ci interessa, sia perché siamo qui, sia perché si tratta di spese irrinunciabili, è il costo dell’alimentazione.
Insomma, per un consumatore, soprattutto se lavoratore dipendente o pensionato, e soprattutto se con figli magari piccolini, i costi dell’alimentazione sono anelastici, sono essenziali e costituiscono un pendolo molto sensibile della bilancia del nostro reddito.

2) La filiera va governata

C’è una disputa preistorica su chi ha maggiori responsabilità nella lievitazione dei prezzi al consumo dei prodotti alimentari.
Freschi, confezionati, lavorati e trasformati.
Comunque i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati sui banchi del mercato, dei supermercati, dei negozi sotto casa.
Su questo non ci piove!
… E continuano ad aumentare ….
Certamente noi scontiamo una disorganizzazione, chiamiamola così, distributiva.
La filiera è spesso troppo lunga.
A volte il prodotto va avanti e indietro lungo la nostra penisola prima di finire sulle nostre tavole.
O si ferma e lievita, nel prezzo, nei mercati generali.
E qui non ci serve neanche di parlare di prodotti nostrani, quando l’uva pugliese è venuta a Roma per poi tornare sui banchi dei supermarket baresi meno fresca e più cara di quando era partita.
Dobbiamo tagliare questi passaggi forzati, spesso superflui e soprattutto costosi, se vogliamo abbattere significativamente i costi finali.
Dobbiamo lavorare per rivedere il funzionamento dei mercati generali, dobbiamo vigilare che non si annidi la malavita e la speculazione. Fondi non credo purtroppo sia un caso isolato.

3) L’oligopolio della grande distribuzione

Certo, in questo puzzle della lievitazione dei prezzi, un gioco non secondario è quello della grande distribuzione.
Vale sia per i prodotti freschi che per quelli trasformati.
La grande distribuzione è una opportunità per il consumatore per trovare prodotti a prezzi più contenuti.
Però, se non siamo in grado di governarla, di controllarla, di contrastarla se necessario, ci ritroveremo /… /… /… (e già in gran parte ci troviamo) /… /… /… con l’oligopolio dei grandi gruppi che decidono i prezzi, che decidono il confezionamento, che decidono le qualità da salvare e quelle da condannare, non lasciandoci margine di scelta.
Né a noi consumatori, né ai produttori agricoli, né alle industrie alimentari.
E per di più costringono i negozietti e i banchi dei mercati a alzare i prezzi o a chiudere.
Danneggiando così ulteriormente i consumatori, soprattutto quelli più esposti come i pensionati, coloro che non hanno mezzi di trasporto autonomo, o chi non ha tempo, al termine di una giornata di lavoro, di andare al centro commerciale.
E così si rendono più povere le nostre città, i centri storici, le vecchie piazze.
In Francia, dove sono partiti prima di noi nella rivoluzione distributiva.
… Venti anni prima di noi.
Oggi stanno dando soldi pubblici per far riaprire i negozi nelle viuzze dei centri cittadini e per rimettere i banchi nei mercatini rionali, perché c’era la desolazione. Non c’erano manco più le luci per le strade !!!
Non voglio fare una requisitoria contro la grande distribuzione.
L’ho detto e lo ripeto, essa rappresenta una grande e innovativa opportunità per il consumatore.
Però gli oligopoli sono sempre da tenere sotto controllo per evitare che ci prendano la mano, e determinino loro le regole del mercato.

4) Etica d’impresa e l’enciclica di Benedetto XVI

E a proposito di regole, uno dei temi che dobbiamo tener più presenti, come associazioni dei consumatori, e come sindacato, è certamente il problema dell’etica. So che la UILA si è molto impegnata ed esposta, giustamente, su questo fronte. Ha proposto anche un marchio etico. Richiesta che come Adoc sottoscriviamo con convinzione e condivisione.
Una riflessione molto interessante, in questo senso, viene dalla lettura di un passaggio dell’ultima enciclica del Papa, Caritas in Veritate. Si legge: “La interconnessione mondiale ha fatto emergere un nuovo potere politico, quello dei consumatori e delle loro associazioni …. È bene che le persone si rendano conto che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico. C'è dunque una precisa responsabilità sociale del consumatore, che si accompagna alla responsabilità sociale dell'impresa.”
E’ questo un passaggio cruciale.
Se gli americani fecero crollare i profitti della Nike quando decisero di boicottarla perché faceva fare le scarpe dai bambini asiatici, non possiamo chiuderci gli occhi - come consumatori - davanti ai tragici fatti di Rosarno. O non possiamo ignorare quante imprese spostano le lavorazioni in paesi dove i diritti sindacali e la tutela dell’ambiente sono più bassi dei nostri o addirittura inesistenti. E’ chiaro che quei prodotti costeranno meno. Ma quel meno costa la vita di lavoratori, e mette a repentaglio la sorte della Terra e spesso la nostra salute.
Sappiamo che produzioni agricole extra europee utilizzano prodotti chimici da noi vietati da anni.
E quelle merci poi ce le ritroviamo sui banchi accanto a quelle italiane.
Allora, non si tratta di non importare più dalla Cina gli agli, o i pomodori dal Marocco (ti ricordi … Stefano, era una vecchia ricerca che facemmo per un convegno della UISBA quasi venti anni fa) ma si tratta di chiedere che in quei paesi si applichino le stesse misure di garanzia, controllo e limitazione che si applicano da noi.
Se no, niente importazione!!!
Vogliamo che se una azienda utilizza lavoratori in nero, ebbene, si sappia. Se la mozzarella DOP (è notizia di ieri) viene fatta con latte annacquato, o peggio, bene, si mettano le manette a chi pensa di frodare noi, come consumatori, o le imprese oneste.
E faccio una proposta: in questi casi facciamo fronte comune: consumatori, produttori agricoli, industriali alimentaristi, costituiamoci parte civile tutti assieme nei processi contri i responsabili di queste gravissime truffe! ! !
Bisogna aumentare i controlli e le pene.
Bisogna che il consumatore, come dice la stessa Enciclica, sia arbitro del mercato e punisca chi non sta alle regole, italiano, europeo o extraeuropeo che sia.

5) Trasparenza e tracciabilità: l’imperativo futuro

E veniamo quindi al nocciolo del problema.
Per essere arbitro del mercato, per scegliere e per punire, il consumatore deve sapere, deve essere informato, deve poter decidere.
La tracciabilità dei prodotti agricoli e alimentari è fondamentale.
Vogliamo sapere la composizione dei prodotti, la provenienza, la tipologia. Vogliamo essere consapevoli, leggendolo su etichette non scritte a caratteri minuscoli, cosa compriamo.
Così potremo sapere cosa determina i prezzi e la qualità.
E potremo avere libertà di scelta consapevole.
La tracciabilità e l’etichettatura sono una priorità sia nella lotta alle truffe, sia nel determinare un consumo consapevole e selettivo.
In questo modo si, anche come associazioni dei consumatori, avremo una maggiore possibilità di intervento.
A me fa sorridere a pensare come si siano fatti provvedimenti di legge sulla tracciabilità solo in conseguenza di gravi fatti epidemici.
Nessuno mai ci aveva pensato prima e neanche dopo.
Dopo Mucca pazza si fa il provvedimento sulla tracciabilità della carne bovina.
Dopo l’aviaria sulla tracciabilità del pollame.
Ma per la carne di agnello dovremo aspettare un nuovo scandalo.
Be, francamente non mi sembra un criterio razionale di intervenire in un settore così delicato, che ha tra l’altro vissuto momenti drammatici, che hanno portato anche a un inutile tracollo delle imprese, come fu nel caso dell’aviaria, per la mancanza di una normativa che ci tutelasse e tutelasse quelle carni.
E sulla aviaria, voglio ricordare che come Adoc fummo tra i pochi a cercare di dire di stare calmi, che si stava facendo tropo polverone pericoloso.
Io, con altri dirigenti della Associazione, girammo mezza Italia. Dalla Puglia alla Lombardia. A fare riunioni e a mangiare pollo, e intanto i consigli comunali vietavano le uova nelle mense scolastiche e funzionari europei lanciavano messaggi ambigui sul rischio per la salute che poteva venire dalle uova di gallina.
Ve lo ricordate?
Ci furono conseguenze drammatiche nel settore - Scarponi lo ricorderà di sicuro … … e nessuno ha pagato.
Leggi preventive sulla etichettatura e sulla tracciabilità, e maggiore collaborazione tra produttori, industriali e consumatori potrebbero definire un diverso quadro per il futuro ed evitare rischi per la salute dei consumatori o crisi inutili e dannose in settori strategici per le nostre produzioni agricole ed industriali.
Una piccola parentesi voglio aprirla a proposito delle aziende biologiche e di quelle aziende che operano per salvaguardare produzioni tipiche in via di … … estinzione.
Per noi questa è una scelta importante che va incoraggiata ed aiutata, e stiamo anche lavorando come Adoc su progetti che promuovano l’informazione e la diffusione di questa tipologia merceologica.
Noi, come consumatori, vorremmo che la diversità e le produzioni biologiche fossero considerate un patrimonio che non possiamo permetterci di perdere, perché sono una ricchezza irrinunciabile del nostro Paese, come qui a Roma è il Colosseo.
Difendere i nostri prodotti, i prodotti che hanno fatto famosa e orgogliosa l’Italia nel mondo, è interesse anche di noi consumatori. I nostri formaggi, le pere, i tartufi, o le chianine … difendere i nostri mieli, i vini, i carciofi o le salsicce … è un nostro dovere oltre che utile per il nostro piacere.
L’Europa in questo non si è dimostrata affatto amica.
E più siamo divisi meno possibilità avremo di portare a casa risultati soddisfacenti.
E anche le istituzioni nazionali e locali possono e devono fare di più.
Sia nel controllo dei prezzi, sia per garantire che i marchi di qualità e di produzione non siano autoreferenziali. A noi la situazione odierna sui regolamenti dei marchi di qualità e di provenienza non ci convince e non ci basta. Vogliamo di più nella garanzia e nei controlli. Vogliamo essere coinvolti maggiormente e istituzionalmente, non per simpatia o acquiescenza. Lo dico nell’interesse di tutti e per non far perdere ai marchi il valore che devono avere nel garantire il consumatore.

6) I consorzi di bonifica presidio essenziale del territorio

E parlando di interesse generale una parola la voglio spendere anche per i Consorzi di Bonifica. Recentemente ho partecipato ad un convegno dove si analizzava la legittimità di una tassa che tutti i cittadini di una provincia erano costretti a pagare per il locale consorzio di bonifica.
Ovviamente quella era, ed è, una anomalia che va risolta, e rapidamente anche.
Ma in quella sede ho sostenuto, e ne sono davvero convinto, che nel panorama idrogeologico del nostro Paese, i consorzi di bonifica sono una risorsa non da salvare - come si fa con un ente inutile - ma da sviluppare e valorizzare, anche affidandogli nuove competenze di controllo e di intervento, per le professionalità, la conoscenza e la possibilità che hanno, di costituire un presidio radicato sul territorio.
Credo /… /… /… lo dicevo a Pino Vito qualche mese fa /… /… /… che bisognerebbe anche qui trovare il tempo ed il modo per stringere un patto tra consumatori e bonifica per spingere gli enti locali a farsi carico di interventi più strutturati, permanenti e strategici in questo settore.
Lo vediamo tutti il danno che i cambiamenti climatici producono al territorio. Bisogna organizzarsi e utilizzare le risorse che esistono per prevenire i disastri, per gestire le acque, per evitare le speculazioni.

7) Assieme per uscire dalla crisi: l’opportunità italiana

In conclusione credo che i motivi e forse la necessità di trovare argomenti e opportunità di confronto vi siano.
Accennavo poco fa, tra le altre cose, a quanto dovremo lavorare verso l’Europa.
Il trattato di Lisbona ci dà - come consumatori - nuove competenze e nuove responsabilità.
Io tra l’altro sono stato appena nominato, assieme al collega Massimiliano Dona dell’UNC, a rappresentare l’Italia nel comitato consultivo dei consumatori europei, che dovrà esaminare le direttive europee di nostra competenza.
Ebbene, l’Europa non è stata tanto disponibile a tutelare i nostri prodotti.
Abbiamo vissuto anche momenti drammatici nel passato.
Sappiamo che dai formaggi, alla pizza; dalle aranciate ai cioccolatini, ci sono continui trabocchetti contro le nostre produzioni e le nostre eccellenze.
Noi vogliamo tutelare i nostri consumatori, i consumatori europei e di tutto il mondo, tenendo però sempre un occhio aperto sulle nostre specificità alimentari, che sono il nostro Colosseo, da difendere e valorizzare.

Il dialogo è essenziale, una collaborazione possibile.

 

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